Bruxelles (Belgio) – Il parlamento europeo ha approvato il 17 gennaio una direttiva che modifica le precedenti in materia di pratiche commerciali sleali e diritti del consumatore (29/2005 e 83/2011). L’ultimo passaggio sarà l’approvazione del testo da parte del Consiglio europeo, per poi essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Come riporta una scheda della commissione citata da ItaliaOggi, solo il 35% delle etichette di sostenibilità richiede dati specifici per dimostrare la conformità ai requisiti di etichettatura. In compenso, abbondano le informazioni poco chiare, tanto che il 56% dei consumatori europei ha dichiarato di essersi imbattuto in dichiarazioni ecologiche fuorvianti davanti ai numerosi annunci e pagine pubblicitarie online che contengono informazioni sull’impatto ambientale dei prodotti.
Tra le nuove pratiche commerciali sleali, “l’esibizione di un marchio di sostenibilità non basato su un sistema di certificazione o non stabilito da autorità pubbliche”, e anche la “formulazione di un’asserzione ambientale generica per la quale l’operatore economico non è in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti l’asserzione”. O ancora: “Formulazione di un’asserzione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso o l’attività dell’operatore economico nel suo complesso quando riguarda soltanto un determinato aspetto del prodotto o uno specifico elemento dell’attività dell’operatore economico”. Complessivamente sono 12 le pratiche ritenute ingannevoli che comunque, come scrive ItaliaOggi, nel nostro ordinamento ci sono già gli articoli 21 e 22 del codice di consumo che permettono di tutelare i consumatori da queste pratiche. Anche perchè i tempi di recepimento si prospettano come sempre lunghi: 24 mesi per gli Stati membri e altri sei mesi prima che diventi operativa.