La crisi dei consumi. L’inflazione. Il ruolo della private label. I rapporti spesso complicati con l’industria di marca. Il giudizio sui discount. Intervista esclusiva all’amministratrice delegata di Coop Italia.

Di Angelo Frigerio

Nell’ambito della presentazione alla stampa delle novità beauty per le linee a Mdd di Coop (Chiringuito e Cosmecos), l’amministratrice delegata Maura Latini ha condiviso la sua visione del mercato a tuttotondo.

Qual è il suo parere sulla crisi dei consumi?
I segnali li avevamo già registrati a fine 2022 per una molteplicità di motivi: l’inflazione, l’aumento dei prezzi dei beni, che ha portato all’impoverimento delle famiglie, a fronte di retribuzioni che non sono aumentate e del lavoro sempre più precario. Aggiungiamo l’aumento dei tassi, un ulteriore aggravamento per chi ha mutui o necessità finanziarie da coprire. Che si è tradotto immediatamente in una diminuzione dei consumi e in un cambiamento del mix degli stessi. Le famiglie acquistano meno e non più nella stessa modalità con cui lo facevano prima.

Ci può fare qualche esempio?
È aumentato il numero degli scontrini. I consumatori quindi vengono più frequentemente nei punti vendita. Ma il carrello è diminuito in maniera importante. Nei nostri negozi abbiamo clienti che sanno quale cifra vogliono spendere. Quando arrivano a quella soglia, lasciano i prodotti in cassa perché non vogliono spendere di più.

Ci sono dei settori che hanno avuto limitazioni dei consumi più forti rispetto ad altri?
I settori più critici sono quelli che vedono un’inflazione molto alta. L’esempio più semplice è quello del pesce, il cui prezzo è aumentato in maniera significativa. Nel segmento delle proteine animali sono in flessione i consumi di carne rossa, mentre il pollame e le uova tengono o sono cresciuti. Noi come Coop vogliamo fare il possibile per aiutare le famiglie. Anche se, in questo caso, servono aiuti che abbiano una vision più ampia di quella di un semplice distributore.

All’interno di questo ‘aiuto’ gioca un ruolo fondamentale l’incremento dell’offerta di prodotti Coop…
Certamente. Entro il 2024 proporremo oltre 5mila prodotti in private label. A oggi siamo a 2.500. Il prodotto a marchio Coop è una soluzione utile e interessante in quanto le famiglie possono avere la possibilità di acquistare prodotti di qualità a un prezzo giusto e ragionevole. Stiamo registrando un aumento interessante degli acquisti, compreso un miglioramento in chiave di attrattività delle giovani generazioni.

Passiamo ai fornitori: continuate a ricevere richieste di aumenti di listino?
Abbiamo continuato a ricevere richieste di aumenti che, in alcuni casi, possiamo comprendere, ad esempio per i problemi legati all’agricoltura, in altri meno. Naturalmente non siamo nelle condizioni di discutere in merito al costo industriale dei prodotti. Ma un dato è certo: quei segnali, provenienti dal mondo della comunicazione di un’inflazione che sta diminuendo, non li abbiamo riscontrati nelle relazioni con l’industria di marca. L’inflazione continuerà ad aumentare ancora per alcuni mesi in quanto si confronta con un periodo dell’anno precedente. Periodo in cui, almeno fino a maggio/ giugno, abbiamo cercato di non rilasciare aumenti al consumo. Si vedrà un segnale di rallentamento da giugno in avanti se non arrivano altri problemi. Ci sono alcune categorie che, almeno per la marca del distributore, stanno cominciando a decrescere. E questo è un bel segnale.

Delivery: qual è la posizione di Coop?
Ci siamo sempre dichiarati molto prudenti sull’argomento: è un servizio importante e richiesto, che però ha un costo di logistica che qualcuno deve pagare. O lo paga il distributore per intero e quindi la spesa diventa troppo costosa, oppure (e questo è il versante peggiore a cui Coop non ha mai voluto avvicinarsi) viene fatto pagare a qualcuno che lo consegna, con un costo del lavoro non adeguato alla prestazione. Tutto il mondo dell’online non guadagna con le vendite, ma con altro – profilazione dei clienti ad esempio – e quindi conti in utile nel mondo delivery se ne vedono pochi. Come Coop continuiamo a insistere sul servizio con modalità diverse anche tra un territorio e l’altro. I segnali del post pandemia non vanno nella direzione del delivery. Forse perché il cibo, per noi italiani, è molto sentito e anche perché l’online non dà la stessa esperienza del negozio.

Gli iper sono in ripresa?
I nostri ipermercati tengono. Abbiamo fatto significativi ridimensionamenti di spazio, ragionamenti sulle dimensioni dei reparti e anche sull’offerta. Gli ipermercati non hanno più quelle performance negative che hanno avuto in altri periodi. Sono cauta, questa è una fase di transizione. Gli iper che hanno una localizzazione strategica non hanno problemi. Più complicata la situazione per quelli fuori dai centri abitati che hanno il problema di incrociare il costo della benzina e dei trasporti, fattori questi che influiscono sulla scelta delle famiglie.

I discount vi fanno paura?
Sempre paura! Tantissima paura! Perché hanno la possibilità di aprire dove vogliono e quando vogliono. Negli anni ‘90 venne approvata la legge per impedire alle grandi superfici di espandersi. E andava bene. Oggi però assistiamo a una deregulation assoluta: qualunque impresa, anche di piccole dimensioni come quelle dei discount, può aprire dovunque. Questo diventa un problema: oggettivamente si inseriscono in realtà esistenti e con pochi prodotti riescono a rispondere a un numero di clienti importante. Ma attenzione: l’aumento inflattivo registrato nei discount, già dagli inizi del 2022, ha portato a una perdita importante di clienti e di volumi nel 2023…