Il mondo cosmetico biologico e naturale, oggi tanto in voga, non ha ancora una normativa unica a livello europeo. I dati sul mercato in Italia, il valore aggiunto, il greenwashing e la propensione dei consumatori.
Di Irene Galimberti
‘Green is the new black’. Lo avevamo già scritto (leggi qui) di ritorno da Vivaness–Biofach, kermesse internazionale del biologico a Norimberga (26-29 luglio 2022). Lo ribadiamo ancora dopo la 34esima edizione di Sana, salone del bio e del naturale in scena a Bologna dall’8 all’11 settembre scorsi. E se è vero che questo segmento rallenta nel food, nel comparto del beauty i prodotti a connotazione naturale stanno invece vivendo un momento d’oro.
Il successo dei prodotti a connotazione ‘green’
“La domanda di prodotti a connotazione naturale e sostenibile è un trend in costante crescita nel mondo della cosmesi”, ha affermato Gian Andrea Positano, responsabile Centro Studi Cosmetica Italia, nell’ambito del convegno ‘I numeri e gli scenari della cosmetica naturale e sostenibile’, tenutosi proprio a Sana, giovedì 8 settembre. “Questa tendenza è diventata una tematica di grande interesse non solo per gli operatori del settore, ma anche per l’opinione pubblica. Come Associazione, abbiamo tracciato un perimetro di classificazione per permettere le rilevazioni statistiche su questa tipologia di prodotti”. Cosmetica Italia, infatti, riunisce oltre 630 aziende fra pmi e multinazionali italiane. Che rappresentano il 90% del fatturato del beauty, comparto che nel 2021 ha superato gli 11,8 miliardi di euro.
Dal monitoraggio – che analizza due segmenti (i cosmetici a connotazione naturale/biologica in relazione alla formula e quelli con caratteristiche green, legate alla sostenibilità ambientale, riguardanti tutto il ciclo di vita o anche le politiche aziendali) – emerge che un quarto del mercato è costituito proprio da queste referenze. Che hanno raggiunto un sell out di oltre 2,6 miliardi di euro nel 2021 e un sell in di oltre 1,8 miliardi (pari al 16% del fatturato totale dell’industria cosmetica italiana nel 2021). Con trend di crescita (variazione 2021/2019) rispettivamente del +12,6% e del +11,7%.
Le performance per categorie e canali distributivi
I prodotti più di successo nel segmento green cosmetico sono quelli per l’hair care (26,4%). Sul secondo gradino del podio il body care (22,8%) e le referenze dedicate al viso sul terzo (18,3%). Quanto ai canali, il 40% degli acquisti in Italia avviene nella grande distribuzione, che comprende i supermercati, i drugstore e i monomarca. Seguiti da farmacie e parafarmacie (14,8%) e dalle erboristerie (14,2%).
Sale la percentuale di certificazioni adottate dalle aziende (dal 34,6% del 2019 al 38,2% del 2021) così come aumenta l’eterogeneità degli enti. Al primo posto Cosmos (23%), poi Natrue (19,1%) e Iso 16128 (14,9%), per quanto riguarda le certificazioni bio/natural. Mentre per l’ambito della sostenibilità al top si trova Ecolabel (37,7%), Fsc (31,8%) e Blue Angel (18,2%).
Sostenibilità: un driver che crea valore
A confermare l’importanza del segmento Carlo Alberto Buttarelli, direttore ufficio studi e relazioni con la filiera per Federdistribuzione. Che ha mostrato come la crescente attenzione alla sostenibilità e al benessere sia uno dei tre principali driver che muovono le scelte dei consumatori. Ad esempio, il 46% degli italiani è disposto a pagare di più per acquistare un prodotto sostenibile. Ma questa priorità diventa sempre più parte anche del modello di business delle aziende e della distribuzione, perché la sostenibilità crea valore e genera vantaggi competitivi. Proprio come ha sottolineato Ilaria Padovan, client manager brand strategy & guidance dell’insight division di Kantar, nel suo intervento ‘Il contributo della sostenibilità al valore del brand’: “Oggi, a brand e organizzazioni è richiesto non solo di essere sostenibili attraverso le proprie dichiarazioni o azioni spot, ma di attivare la sostenibilità in modo tangibile e, soprattutto, rilevante per i propri consumatori”.
Il greenwshing
Ma qui si apre il dibattito. Sempre a Sana, si è tenuto il convegno organizzato da Assobio intitolato ‘Le insidie del greenwashing: quando i cosmetici sono bio solo in apparenza’. In cui si è ribadita la mancanza di una regolamentazione comunitaria unica per normare i cosmetici biologici e naturali, così come non esiste una norma specifica in tema di green claim. Un vuoto che andrebbe colmato al più presto e che per il momento si tenta di risolvere cercando porti sicuri e ricorrendo, ad esempio, alle certificazioni o anche alle norme definite dallo Iap (Istituto di autodisciplina pubblicitaria).
Le esigenze dei consumatori
Tanti spunti interessanti, che però forse non aiutano a fare chiarezza nella mente del consumatore. Secondo Nomisma, infatti, il 75% degli intervistati ammette di avere forti dubbi o problemi a riconoscere e definire i prodotti cosmetici biologici e sarebbero interessati a saperne di più (anche attraverso informazioni più chiare in etichetta). I responsabili acquisto delle famiglie, infatti, considerano la sostenibilità un prerequisito, a cui non si rinuncia perché la preoccupazione per l’ambiente è altissima. Questo vale ancor di più nel mondo della cura della persona e nonostante tutte le difficoltà che gli italiani stanno affrontando in questi ultimi mesi (inflazione, aumenti, rallentamento del Pil). Infine, il 75% ritiene l’introduzione di una certificazione unica europea utile o molto utile.
Quando saranno accontentati?