La scalata delle piccole imprese che stanno conquistando spazio utilizzando la strategia della personalizzazione. Con un occhio di riguardo verso il consumatore.
Di Eleonora Abate
Già nel 2018 si parlava di ‘piranha brands’. Così commentava Lamberto Biscarini, senior partner e managing director di Boston Consulting Group, durante l’assemblea annuale di Ibc – Associazione industrie beni di consumo: “I piranha brands stanno guadagnando terreno. Negli Stati Uniti i grandi marchi hanno perso il 3% di quota di mercato, per un totale di 20 miliardi di euro in vendite. E lo stesso è avvenuto in Europa”.
Il termine ‘piranha brands’ arriva proprio dagli Usa e indica tutte quelle piccole imprese, di prodotti o servizi, che si rivolgono direttamente al consumatore, usando i canali digitali, evitando quindi gli intermediari presenti nella filiera tradizionale. Queste realtà vengono denominate così perché, con le loro attività, stanno riuscendo a conquistare velocemente quote di mercato a discapito delle grandi multinazionali.
I settori in cui la tendenza è più influente sono quelli del largo consumo, come la cosmetica, l’alimentare e alcuni prodotti di utilizzo quotidiano.
Le piccole aziende si affidano ai canali digitali e aiutano i consumatori a soddisfare i propri bisogni e desideri tempestivamente. Gli acquirenti, infatti, hanno sempre più esigenze ‘immediate’ e sono alla ricerca di prodotti specifici, sani e pensati ad hoc per le proprie richieste. E il web glieli fornisce in tempi rapidissimi, andando a soddisfare esattamente quel bisogno.
Oltre all’esperienza di acquisto, anche l’offerta estetica incide molto sulle scelte dei consumatori. Infatti, i flagship store, negozi dalle caratteristiche innovative che rispecchiano il brand rappresentato e offrono referenze particolari se non esclusive, sono i più visitati dai giovani. Che dallo shopping vogliono trarre ispirazione, divertimento e un’esperienza istruttiva. Sono alla ricerca del bello e della comodità. E anche sul web il valore del ‘fatto apposta per te’, della realizzazione ‘su misura’, della personalizzazione mirata sono punti vincenti nell’acquisizione di clienti, anche grazie a campagne di social e marketing. Per questo gli e-commerce particolari, con un’offerta diversa, attirano di più l’acquirente.
Tornando ai piccoli produttori… sono sempre esistiti. Ma se un decennio fa si rivolgevano a nicchie di consumatori, negli anni – in Italia a all’estero – sono cresciute anche del 20% annuo. Mentre molte imprese storiche vanno a rilento o addirittura sono in calo. Di esempi ce ne sono parecchi. Un esempio calzante è quello di Dollar Shave Club, startup californiana di prodotti da barba, che dopo solo quattro anni di attività, nel 2016, è stata rilevata da Unilever per un miliardo di dollari. La piccola impresa, infatti, ha mostrato una curva di crescita veloce, passando da un fatturato di 65 milioni di dollari nel 2014 a 150 milioni di dollari nel 2015. Il punto forte di questa azienda è stato sicuramente il servizio di abbonamento offerto ai consumatori che mensilmente ricevono prodotti per la cura della barba in base alle proprie esigenze, così da non dover pensare di fare un ordine ogni mese, cosa che li porterebbe ad abbandonare il brand, prima o dopo.
Un esempio tutto italiano è quello di Mukako, e-commerce di prodotti per l’infanzia, che ha registrato una crescita del 316% in tre anni, chiudendo con un fatturato di oltre 7 milioni di euro. La strategia vincente? Offrire quello che il largo consumo non aveva: consigli per le neomamme che acquistano il Baby-box non solo per i prodotti (che si trovano anche altrove), ma soprattutto per la customer experience.
Ma basta guardarsi intorno per rendersi conto che, nel mondo della bellezza e del personal care, i brand Dtc (Direct to consumer) e le beauty box su abbonamento stanno spopolando nel mondo. E si stanno diffondendo anche in Italia. Non è un caso che anche il gigante Amazon, ad esempio, ha introdotto la possibilità, per alcuni prodotti di consumo (vedi i pannolini per i bambini), di impostare l’invio periodico. Oppure di facilitare gli ordini con il noto Dash Button, che consente con un semplice clic di ricevere a casa i prodotti preferiti.
Un discorso che deve far riflettere non solo le aziende e i produttori, ma anche la distribuzione. Che dovrebbe cercare nuovi servizi da offrire ai consumatori, per aumentare la fidelizzazione, migliorare la customer experience e stupire la clientela.
Insomma, non si deve fare attenzione solo agli squali. Bisogna tenere gli occhi ben aperti anche sui piccoli predatori.