L’operazione NewPrinces-Carrefour Italia presenta alcune incognite e criticità. Ma sulla carta c’è anche un potenziale di crescita interessante. Un modello organizzativo basato su un ‘distacco gestionale’ potrebbe fare la differenza.

Di Roberto Ravazzoni, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese, Unimore (Università di Modena e Reggio Emilia)

Anche a distanza di qualche settimana dall’annuncio, l’operazione di NewPrinces su Carrefour Italia rappresenta una mossa competitiva assolutamente fuori schema rispetto alle normali traiettorie di sviluppo (orizzontale) perseguite dalle imprese industriali che operano nelle filiere del largo consumo. E non solo in Italia. In effetti, in questo caso ci troviamo di fronte all’acquisizione da parte di un produttore di beni di largo consumo di un’importante catena di distribuzione al dettaglio. Si tratta di una prima volta: per quanto a nostra conoscenza, finora non sono mai state registrate operazioni di dimensioni significative, come quella posta in essere a fine luglio da NewPrinces su Carrefour Italia. Almeno non nelle filiere del Largo consumo confezionato destinato al retail, vale a dire per prodotti ad alta frequenza di acquisto e che richiedono un’alta capillarità distributiva. In questi mercati di grandi volumi, la modalità distributiva prevalente è quasi automatica: molti negozi trattano quasi tutti gli stessi prodotti/le stesse marche.

Si ricorda solo un caso negli Usa, a cavallo degli anni ‘80-‘90 nell’area di Chicago, dove un’impresa industriale acquisì il controllo di una catena di supermercati che rientrò però dopo pochi anni, proprio per le oggettive ‘difficoltà strategiche’ legate soprattutto alla circostanza di diventar concorrenti dei propri clienti. È anche e soprattutto un problema di posizione: è più semplice per un player della Gdo integrarsi verso l’alto, per produrre internamente alcune proposte che poi venderà nei propri negozi, rispetto alla prospettiva opposta, in cui un produttore, che si rivolge a tutto il mercato (non ad un suo interstizio), decide di creare/acquisire una catena di negozi, con cui vendere i suoi prodotti insieme a tutto l’assortimento commerciale.

Certo, la situazione potrebbe cambiare esaminando l’articolato mondo che ‘copre’ i consumi alimentari fuori-casa. In effetti, nel Food Service è possibile assistere a forme di integrazione verticale discendente da parte di qualche produttore, sia nel ruolo di redistributore/grossista (vedi Heineken con Partesa nel mondo delle bevande) sia nella gestione dei luoghi di consumo veri e propri. In estrema sintesi, i principali obiettivi di una strategia di integrazione verticale sono: minori costi; più potere di mercato; maggiore/migliore disponibilità di informazioni; maggiore capacità di controllo sulla prestazione e il posizionamento del proprio prodotto/marca.

Nel Largo consumo confezionato non è consigliabile diventare concorrente dei propri clienti. Almeno non per una realtà industriale che si rivolge a tutto il mercato ovvero che non persegue strategie di nicchia. In ogni caso, se qualche soggetto economico decide comunque di procedere in questa direzione sarebbe auspicabile adottare qualche avvertenza organizzativa e di governance. La più importante per l’acquirente (il cacciatore) è quella di comportarsi come una holding, lasciando alla società commerciale acquisita (la preda) assoluta libertà di condotta e decisione. Una società controllata, ma del tutto autonoma sul piano gestionale, magari con un modello organizzativo-imprenditoriale che garantisca un pieno ‘distacco gestionale’ dalla controllante. Questa potrebbe essere un’ipotesi post-operazione (M&A), anche per dissipare fin da subito i dubbi su un possibile flusso informativo di natura negoziale tra cacciatore e preda molto delicato. Se il gruppo acquirente vuole procedere con l’integrazione dei due business, quello appena ricordato potrebbe rappresentare un importante accorgimento, certamente non l’unico, anche per garantire il minor impatto negativo possibile ai propri prodotti e alle proprie marche nelle relazioni commerciali con gli altri grandi retailer.

Tutto ciò detto, siamo in un’economia di mercato e se l’operazione di M&A non incide sul corretto funzionamento del meccanismo competitivo nel mercato di riferimento in cui è stata concepita e realizzata, su cui vigila l’Agcm, lasciamo che il soggetto acquirente (il cacciatore) sviluppi la sua idea strategica, implementi il piano di rilancio che ha in mente per la preda ed eventualmente anche di integrazione verticale delle due realtà coinvolte in questa operazione.

Da ultimo, può essere utile ricordare un tentativo di acquisizione portato avanti molti anni fa, che presenta forti analogie con quanto avvenuto a fine luglio 2025. In effetti, l’operazione strategica di NewPrinces Group ci riporta, improvvisamente, indietro di 30/35 anni, quando sempre nei torridi mesi estivi si parlava negli uffici del quadrilatero della moda di un fantomatico ‘Progetto Centro’. In cosa consisteva e chi erano i soggetti coinvolti? Ma soprattutto come si era poi sviluppato quel progetto? Si trattava di un tentativo di una cordata di industriali italiani per evitare che la realtà GS-Euromercato (da poco privatizzata) passasse sotto il controllo di un gruppo distributivo straniero. Il progetto, partito con una discreta spinta, non andò a buon fine, per diverse ragioni. Sappiamo poi com’è andata a finire: GS-Euromercato venne acquisita dal Gruppo Carrefour. Nel tentativo abbozzato allora gli industriali erano molto più numerosi e avevano ben chiaro di mantenere debite distanze dalla gestione dei negozi eventualmente acquisiti e anche dalle loro relazioni contrattuali con l’industria. Per loro si sarebbe trattato solo di una pre-emptive strategy: un’acquisizione di natura finanziaria per evitare il rafforzamento in Italia di un grande player della Gdo. Nessuno dei partecipanti a quel tavolo aveva intenzione di occuparsi della gestione dei negozi. Adesso il soggetto coinvolto è uno solo e sembra prospettare una discreta integrazione tra i due business. Aspettiamo quindi, con molta curiosità, gli sviluppi di un’iniziativa decisamente fuori schema per i parametri tradizionali, che ha comunque portato una ventata di novità nel tradizionale mondo del Lcc.