L’eventualità che i dazi aumentino fa preoccupare gli analisti. Con effetti nel lungo periodo. Un’analisi oggettiva di come potrebbe evolvere la situazione europea.

Di Alice Giannetta

Trump è ufficialmente il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America. E questo fa tremare l’Italia e l’Europa. La rielezione dell’imprenditore ha scatenato diverse reazioni discordanti, ma c’è già chi teme il peggio. Tra i punti più caldi della sua campagna, infatti, c’è la questione dazi. Che peserebbe soprattutto sui grandi esportatori, tra cui la Germania e il nostro Paese. Si parla di un aumento del 10% delle tasse sulle esportazioni verso gli Usa, anche se è ancora tutto da vedere. Ricordiamo che, come sottolineato da SkyTg24, a partire dagli anni Novanta fino a oggi, i dazi doganali dalle merci provenienti dall’Europa sono sempre rimasti entro il 5%, con momenti di calo fino al 2,5%. Ma ora qualcosa starebbe cambiando.

In particolare, secondo alcune delle previsioni più pessimistiche e riportate dall’emittente EuroNews, un dazio doganale del 10% o del 20% farebbe aumentare esponenzialmente per le aziende americane il costo dell’importazione dall’Ue. E ciò si tradurrebbe in un possibile crollo fino a un terzo dell’export in alcuni settori. La Germania diventerebbe ‘particolarmente vulnerabile agli shock’, e in generale tutta l’Europa ne subirebbe un contraccolpo non indifferente.
Ma quali sarebbero i settori più colpiti da quest’attuazione?

I macchinari, i veicoli e i prodotti chimici potrebbero essere quelli maggiormente coinvolti, poiché hanno rappresentato il 68% dell’export Ue negli Usa lo scorso anno. Sottolineiamo, però, come anche l’export della cosmetica stia consolidando negli anni il suo legame con l’America. Come riporta una nota economica di Cosmetica Italia di marzo 2024, nel 2023 le esportazioni hanno superato i 7 miliardi di euro, quadruplicando il proprio valore rispetto a vent’anni prima (+20% sul 2022). E, per quanto riguarda le destinazioni, in ottica ventennale, vi è stato un “consolidamento di partner storici, ma anche un progressivo spostamento verso nuove destinazioni extraeuropee”, e in testa ci sono proprio gli Stati Uniti, con +31,8% rispetto al 2022.

Se, quindi, la tendenza a imporre tariffe elevate su beni importati dovesse intensificarsi, gli effetti sull’export di cosmetici italiani sarebbero notevoli. Nello specifico, i cambiamenti inciderebbero sull’aumento dei costi e, quindi, una conseguente riduzione della competitività: ciò andrebbe, ovviamente, a discapito dei produttori italiani che esportano, finendo per favorire quelli locali o di altri mercati con dazi più bassi. La conseguenza sarebbe anche una riduzione delle quote di mercato nazionali, con un effetto direttamente negativo sui loro bilanci. Oltre a questo, l’imposizione di dazi provocherebbe ritorsioni da parte dei Paesi colpiti. In questo scenario, l’Italia potrebbe rispondere imponendo tariffe sui beni importati dagli Stati Uniti, che potrebbero includere categorie di prodotti al di fuori del settore cosmetico.

Questa escalation rischierebbe di causare una guerra commerciale che danneggerebbe ulteriormente il commercio bilaterale. Infine gli incrementi tariffari possono complicare le catene di approvvigionamento globali, incidendo sulla disponibilità dei materiali necessari per la produzione di cosmetici. Secondo alcune analisi, quindi, politiche commerciali protezionistiche come quelle di Trump finirebbero per ridurre il Pil degli Stati Uniti, causando un aumento dell’inflazione. In generale, questi cambiamenti macroeconomici avrebbero la capacità di ridurre ulteriormente la domanda di prodotti di lusso e non essenziali, come molti cosmetici, specialmente se i consumatori dovessero affrontare una diminuzione del potere d’acquisto. Non ci resta che osservare cosa accadrà.