Di Luigi Rubinelli

La Gdo italiana entra in un 2023 che si apre con segnali di raffreddamento circa l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime e con un’inflazione che, sebbene in decelerazione rispetto a quella del 2022, si mantiene ancora alta. A preoccupare maggiormente i retailer sono soprattutto i consumi, poiché un’inflazione sostenuta finirebbe con il compromettere la tenuta della domanda e con essa i risultati economici delle imprese distributive.

L’Ebit si potrebbe dimezzare

L’adeguamento dei listini della Gdo, pur avvenuto in ritardo rispetto a quelli dell’industria, ha consentito di assorbire una parte dei maggiori costi trasferendoli al consumatore. Tenuto conto dell’inflazione sui beni alimentari del 2022 e del fatto che, sulla base delle prime evidenze, la Gdo prevede di chiudere il 2022 con un incremento del giro d’affari del 6,7%, soltanto la metà degli operatori sarebbero in grado di assorbire gli aumenti dei costi operativi senza portare in negativo la marginalità. Se tale scenario fosse confermato, le imprese della Gdo vedrebbero quasi dimezzato il proprio ebit margin.

Le Mdd guadagnano nuovi spazi sui lineari

Il contesto economico del 2022 ha spinto i consumatori verso una maggiore ricerca di opportunità di risparmio. Ciò ha generato due evidenti effetti. Il primo ha coinvolto i prodotti a marchio del distributore (Mdd) che sono caratterizzati da un prezzo mediamente più basso rispetto ai brand, senza comportare una sostanziale rinuncia al contenuto qualitativo. Molto spesso le referenze della Mdd sono realizzate dalle stesse imprese, soprattutto quelle di piccola e media taglia, che producono quelle di marca e che sono disposte a svolgere il ruolo di copacker. I retailer, da parte loro, hanno potuto progressivamente ampliare l’assortimento grazie alla Mdd, arrivando a presidiare quasi tutti le linee e accrescendo il rapporto di fiducia con i consumatori poiché la marca commerciale si propone come vero e proprio brand alternativo a quelli industriali. Nel 2022 le vendite dei prodotti Mdd, comprensive di quelle dei discount, sono cresciute del 5%, realizzando performance migliori rispetto a quelle dell’industria di marca, al cui interno solo le imprese follower (+1,9%) hanno guadagnato mentre i top 20 player e gli small player hanno visto ridursi il proprio valore, del -1,4% e del -0,8% rispettivamente2. Il secondo effetto ha portato l’ulteriore affermazione del canale discount che negli anni ha cambiato veste, pur restando una proposta basata sulla convenienza. Nonostante l’inflazione abbia portato i discount a segnare il più rilevante incremento dei prezzi (+8,4% rispetto al +5,1% degli ipermercati e +5% dei supermercati), anche per un banale effetto base su prezzi al dettaglio più contenuti, la loro crescita non si è arrestata proiettandoli al 22% di market share nel primo quadrimestre del 2022. Questa dinamica ha a sua volta fatto da ulteriore volano allo sviluppo delle Mdd che trovano ampio spazio nell’offerta dei discount. Un simile quadro ha portato come corollario al calo della pressione promozionale, dal 28,3% del 2019 al 22,4% del mese di settembre 2022, quale primo argine di difesa della Gdo all’incertezza sui costi e ai problemi di approvvigionamento. In assenza di promozioni è ulteriormente diminuito l’appeal degli ipermercati di maggiori dimensioni, penalizzati anche della riduzione dei consumi di beni non alimentari a cui i cittadini hanno dovuto in parte rinunciare per contenere gli effetti del caro vita.

Listini e contratti in ritardo

La generale complessità del contesto e l’inflazione hanno reso più difficili i rapporti tra industria e distribuzione accrescendone la conflittualità. Nella prima metà del 2022 il mercato italiano è riuscito a contenere l’inflazione meglio di paesi come la Germania, l’Inghilterra e la Spagna, avvantaggiato da una tenuta dei quantitativi venduti, grazie al contributo delle categorie estive sostenute dalla ripresa del turismo e da un clima favorevole. Le richieste di aumento dei listini da parte dell’industria, che per alcune categorie di prodotto sono stati ritoccati molte volte allungando i tempi per il perfezionamento dei contratti, hanno obbligato nella seconda parte dell’anno la distribuzione a trasferire i rincari ai consumatori. L’effetto ha alimentato ulteriormente la spirale recessiva evidenziando un calo dei volumi a partire dal mese di ottobre (-3,7% su base mensile) e proseguita anche nei mesi successivi (-6% a gennaio 2023) a dimostrazione del fatto che l’aumento dei fatturati è guidato principalmente dalla dinamica inflazionistica.

Fonte: Mediobanca