Milano – Una battaglia a colpi di dentifricio, quella intrapresa da Coswell e P&G. E finita male per entrambe le società.
I dentifrici di Coswell e P&G censurati dallo Iap
A settembre Coswell si rivolge all’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria (Iap) contestando la campagna pubblicitaria del nuovo dentifricio del competitor P&G. Che veicolava claim quali: ‘I dentifrici comuni proteggono. Il nuovo Oral B Rigenera Smalto va oltre la semplice protezione’, ‘Rigenera la densità dello smalto’ e ‘Rigenera attivamente la densità dei denti’. Questi contenuti sono segnalati come ingannevoli perché lo smalto è costituito da un materiale incapace di rigenerarsi biologicamente.
Lo Iap, dopo le verifiche del caso, conferma – con la pronuncia n. 24/2022 del 5/10/2022 – che lo spot viola il Codice di autodisciplina pubblicitaria. Perché “si presta a veicolare al pubblico la suggestione del tutto infondata per la quale Oral B Professional Rigenera Smalto avrebbe proprietà (non soltanto proprie di un prodotto cosmetico, quale potrebbe essere l’azione attiva di remineralizzazione ma) addirittura medicali”. Inoltre, lo spot sembra promettere un risultato che va oltre l’efficacia del prodotto. “Sussistono pertanto le condizioni per considerare lo spot in esame non solo ingannevole e, dunque, in conflitto con l’art. 2 del C.A., ma anche in contrasto con l’art. 23 C.A., in quanto evocativo di qualità medicali in realtà assenti”. Scatta dunque anche la censura.
P&G chiede allora al Giurì di censurare gli slogan usati per dentifrici e collutori a marchio Biorepair (by Coswell). Tra cui ‘Ripara il 100% dello smalto’, ‘2 volte più efficace’, ‘Protezione carie’, ‘Antisensibilità e sollievo in 30’’, ‘Efficacia contro la paradontite e la perimplantite’, ‘Riduce il sanguinamento fino all’80%*’, ‘Con probiotici per l’equilibrio del microbiota orale’, ‘Il primo e unico dentifricio al mondo che ripara lo smalto dei denti’ e ‘Deposita nuovo smalto’. Lo Iap delibera quindi che alcuni di questi claim sono contrari al sistema autodisciplinare e, in particolare agli artt. 2 e 23 C.A., in quanto suscettibili di indurre i consumatori a scambiare un prodotto – che è e rimane un cosmetico – per un presidio medico.