Milano – Sarà VeraLab, la società specializzata in prodotti per la skincare fondata da Cristina Fogazzi, a illuminare il maxi albero di Natale in Piazza Duomo a Milano. E non l’Estetista Cinica, come erroneamente riportato da alcune testate nazionali.
La stessa Fogazzi ha voluto fare chiarezza sulle proprie storie Instagram dopo che, pochi giorni fa, alcuni quotidiani online avevano sottolineato che l’albero di Natale meneghino sarebbe stato sponsorizzato dall’influencer. “Capisco che i giornali abbiano bisogno di click sui propri siti, ma mi sembra che abbiano superato il limite. Non è l’influencer a sponsorizzare l’albero, ma VeraLab, società fondata da un’influencer che, in pochi anni, è stata nominata tre volte alle quotabili e ha raggiunto un fatturato che altre aziende hanno raggiunto in 20 anni”, tuona l’Estetista Cinica.
“I brand nativi digitali legati a personalità esposte sulla rete esistono da tempo. Drunk Elephant, ad esempio, marchio cosmetico fondata da una ragazza texana, è stato venduto per 800 milioni di dollari a Shiseido. In quel caso si trattava di una grande imprenditrice ma, nel mio caso, sono solo un’influencer”, prosegue Fogazzi. “Chi mi segue sa che VeraLab è un’azienda italiana che, nel 2021, ha fatturato 63 milioni di euro. Tantissimo, considerando che si tratta di una società specializzata esclusivamente in prodotti per la skincare. È l’azienda VeraLab che decide di fare un investimento di marketing sull’albero di Natale a Milano, non l’Estetista Cinica. Io l’albero di Natale lo faccio a casa mia”.
Conclude così le proprie storie l’imprenditrice bresciana: “Sarebbe stato meglio scrivere che, quest’anno, l’albero lo sponsorizza un’azienda del beauty italiana che dà lavoro a tante persone, cresciuta in poco tempo. E non i soliti brand del lusso internazionale. Avrebbe reso giustizia all’imprenditorialità italiana. Inoltre, sarebbe stato bello spiegare che il comparto beauty italiano è il più grande al mondo per quanto riguarda la produzione di terzisti. E che tutti i grandi brand del beauty producono le proprie referenze in Italia”. “Un’occasione persa”, conclude Fogazzi.