Roma – Non bastavano gli aumenti di gas e luce, adesso arriva anche la ‘stangata musica’. Dal 1° luglio, infatti, viene meno l’accordo tra SoundReef/Lea e Siae, e dunque per riprodurre i loro repertori nei pubblici esercizi, nei negozi, nei locali e negli hotel non ci si potrà più avvalere delle tariffe vigenti per Siae. Occorrerà avere una licenza apposita, separata da quella già sottoscritta. Cosa devono fare allora gli esercenti? Secondo Confcommercio Udine, le possibilità sono tre. La prima: continuare a diffondere musica senza controllare di quale repertorio faccia parte. Consapevoli, però, che pagare solo Siae non mette l’imprenditore al riparo dai rischi, perché Lea rappresenta circa 26mila autori, compositori ed editori in Italia e 43mila in tutto il mondo. Seconda ipotesi: controllare scrupolosamente ciò che si diffonde, valutando se pagare Siae o Lea. È possibile controllare i repertori dell’uno e dell’altra sui rispettivi siti web (qui quello di Siae, a questo link quello di Soundreef/Lea), anche se in maniera piuttosto complessa per un non addetto ai lavori. Terza soluzione: avvalersi di un servizio di radio in store che verifichi il repertorio utilizzato, come quello istituito nel 2019 da Confcommercio. Esiste poi una quarta possibilità, che consiste nell’avvalersi di repertorio liberi dal pagamento di royalty. Aires, l’associazione dei punti vendita di elettronica di consumo, rimarca che, oltretutto, la licenza Siae 2022 è già stata pagata. “Ogni richiesta economica aggiuntiva da parte di Lea è priva di ogni fondamento”, sottolinea Davide Rossi, direttore dell’associazione. Il Garante e il Mic avrebbero già preso in mano il caso. La speranza è che si arrivi al più presto a una soluzione. In caso contrario gli store rischiano di pagare anche il doppio di quanto sborsato sino a oggi.