Questo mese vi racconto, tanto per cambiare, un’esperienza appena vissuta. Che non riguarda tanto l’acquisto di un prodotto in sé, quanto il contorno.
Mio figlio maggiore deve fare le prove per lo spettacolo di fine scuola materna, quindi quel lunedì pomeriggio vado a prenderlo io all’uscita dall’asilo per portarlo, dopo un po’, alla palestra del saggio. Nella mia testa avrebbe accolto con entusiasmo la proposta per la merenda. “Leo, andiamo a mangiare insieme un bel gelato?”, chiedo con un sorrisone. L’idillio viene interrotto da un brusco: “No, il gelato non mi va”. “Sicuro? Devi mangiare qualcosa! Preferisci una mela?”, chiedo conoscendo la sua passione per la frutta. “Sì una mela… o forse l’anguria!”, (praticissima l’anguria da mangiare al volo!). “Cucciolo, facciamo così: andiamo dal fruttivendolo e scegliamo insieme?”… “Sìììììììììììììì!!!” (manco gli avessi detto che lo portavo in un negozio di giocattoli).
Il fruttivendolo più vicino è chiuso, quindi dirotto sul piccolo supermercato di paese (non farò nomi). Si tratta di un punto vendita che raramente mi capita di frequentare. In effetti sto diventando sempre più ‘delivery addicted’ quando si parla di spesa: posso riempire il carrello virtuale quando ho un attimo di tempo, riprenderlo dopo ore o anche giorni se non ho fretta. Per non parlare della comodità di ricevere tutto alla porta di casa. Ma torniamo al supermercato.
Il reparto ortofrutta non è enorme, ma di scelta ce n’è. “Leo cosa prendiamo?”, “Le ciliegie mamma!” (hai capito il buongustaio?!). “Però non riesco a lavartele…”, “Ve le lavo io!”, interviene dolcemente la commessa, che inizia a lodare mio figlio perché mangia la frutta. E ciliegie siano (un cestinetto per 5 euro). Va (non so dove) e torna, affidando il tesoro in mano al piccolo sgamato che ringrazia. A qual punto lei si scioglie e inizia a fargli i complimenti per i suoi occhi e il suo sorriso (ha iniziato da piccolo a fare stragi di cuori… mi farà tribolare da grande, lo so).
Ci spostiamo alla cassa e un’altra commessa: “Ciao Leo! Come sta la tua nonna?”, (vale a dire mia suocera, che frequenta il punto vendita e ci porta anche lui). “Bene”. “Hai preso le ciliegie? Che bravo!”, e io: “Sì, le ha preferite al gelato, ma adesso non so dove metteremo i resti, visto che deve mangiarle in macchina…”. “Che problema c’è’?! Vi do io un sacchetto! Ecco qua! Salutami tanto la tua nonna!”.
Sono uscita dal negozio con Leo felice delle sue ciliegie lavate, pronte per essere mangiate e smaltite. Ma soprattutto sono uscita dal negozio con la sensazione di essere appena stata a casa mia. Nonostante non fossi nessuno per il personale, il servizio e la cortesia mi hanno travolta. Ho avuto come l’impressione di trovarmi in un ambiente famigliare, dove si può chiedere qualsiasi cosa e si viene accontentati al meglio. E ho pensato subito a Marco Bordoli, Ad di Crai Secom, che durante un’intervista del nostro format ‘Mezzogiorno di fuoco’ aveva risposto alla domanda “Che futuro può avere il normal trade?” posta dal nostro direttore, Angelo Frigerio. “Penso che il ruolo del negozio di prossimità sia molto importante e debba essere tutelato anche in qualità di presidio di socialità. Ma, al di là di discorsi sociologici, secondo me è una realtà che si può valorizzare nel momento in cui l’imprenditore che lo gestisce capisce che è necessario evolvere verso un’offerta in cui la componente del servizio è fondamentale”. Parole sante.
Non credo che smetterò di fare la spesa online con consegna a domicilio, però ora so che c’è un negozio, nel vicinato, pronto a farmi sentire bene e che sicuramente lo frequenterò più spesso. Il segreto per fidelizzare la clientela, per i piccoli negozi, ma anche per quelli più grandi se ci riescono e indipendentemente dalla merce, è quello di offrire un servizio coi fiocchi. Meglio, con le ciliegie…
Irene Galimberti