Nel Regno Unito, la catena lancia una pubblicità comparativa contro i prezzi del discounter tedesco. Una dinamica sempre più frequente all’estero, segno di una battaglia senza esclusione di colpi. Arriverà anche in Italia?
Di Luigi Rubinelli
Fino a qualche anno fa la pubblicità comparativa non era ammessa in Italia. Oggi però è possibile, come in ogni paese dell’Unione europea, e potrebbe servire per fare chiarezza sulla competizione in atto, su chi ha il prezzo più conveniente a parità di brand-prodotto-formato. Personalmente ritengo una stranezza che nessuno lo abbia ancora fatto.
Probabilmente non si fa pubblicità comparativa in Italia per non urtare la suscettibilità delle grandi marche dell’Idm che già pagano un alto prezzo di ingresso nella Gdo, intessendo rapporti di promozioni più o meno esclusive. Ma anche per non urtare la suscettibilità degli altri retailer che magari coabitano nella stessa federazione (in Federdistribuzione convivono Lidl, Esselunga, Pam, Carrefour e altri ancora).
In Gran Bretagna, invece, come questa case history vuole dimostrare, la comparazione di prezzo ha subito negli anni una accelerazione improvvisa.
Fino a qualche anno fa la comparazione di prezzo avveniva fra le stesse insegne della Gdo britannica: Tesco vs Sainsbury’s, Waitrose vs Tesco e via dicendo. Il tutto era dichiarato con dovizia di particolari sui lineari e nella comunicazione a punto di vendita.
Oggi la comparazione di prezzo è fra le singole insegne della Gdo e i discount, in particolare Aldi, che ha guadagnato consistenti quote di mercato negli ultimissimi tempi. Lo schema è lo stesso intrapreso negli anni precedenti: la comunicazione chiama per nome e cognome il retailer con cui si confronta la pubblicità. La comunicazione avviene sia nel punto di vendita (con i segna-prezzi sui lineari del supermercato) ma anche negli spot pubblicitari e radiofonici.
CLICCA SULL’IMMAGINE PER VEDERE IL VIDEO
La campagna prende il nome di Aldi Price Match e invita il consumatore a comparare il prezzo delle singole marche internazionali e nazionali (quindi a parità di brand-formato-prezzo) fra Tesco e Aldi. È certamente una pubblicità dirompente e segnala il livello della guerra dei prezzi che sta avvenendo oggi e che si protrarrà in futuro.
Possibile che in Italia nessuno sia in grado di replicare la stessa iniziativa? Probabilmente fino alla fine del Covid non serviva rompere dei tabù custoditi tanto a lungo e soprattutto perché ogni insegna ha guadagnato un buon giro d’affari con il trasferimento dei consumi dall’Horeca alla Gdo. Ma con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia molte cose stanno cambiando e i livelli di competizione si stanno alzando non di poco, basta vedere le quote di mercato e il volume d’affari raggiunto dai discount.
Il consumatore è ben disposto verso i prezzi bassi e quindi, quasi naturalmente, verso il discount. Le tipologie di vendita della Gdo hanno dalla loro parte assortimenti più vasti, con brand-formato-prodotto che i discount ancora non hanno, anche se l’assortimento di questi ultimi si sta allargando, anno dopo anno. Ma soprattutto la Gdo ha dalla sua parte un complesso di qualità e di attributi qualitativi che il discount in questo momento non ha ancora. A parte Lidl e le sue trasformazioni, Eurospin, Penny e MD riflettono ancora posizionamenti tipici del discount dei decenni scorsi. Non basta aggiungere uno o due banchi serviti per dire che il discount è ormai identico al supermercato, serve una rigorosa campagna di branding, un assortimento e una scala prezzi articolati, servono prodotti a marchio davvero di qualità e diversi dai primi prezzi. In Italia sarebbe una prova di maturità.
Regno Unito a parte, la pubblicità comparativa è utilizzata anche in Francia, non nel modo dirompente usato dagli inglesi e non a livello nazionale, ma in singole case history di territori ben delimitati.