Il sistema produttivo del beauty italiano soffre le difficoltà logistiche, oltre che i rincari di materie prime, materiali di confezionamento e utilities. Unanime, ma non semplice, la richiesta di aggiornamento dei listini.

Di Irene Galimberti

Oltre 100 aziende, un’unica condizione. La forte preoccupazione per le problematiche logistiche e i rincari. E’ quanto emerso dall’indagine che b2B beautyToBusiness ha condotto tra le aziende del settore, attraverso un sondaggio sottoposto fra giovedì 10 e martedì 15 febbraio. E i cui risultati sono stati presentati il 18 febbraio, in occasione della III edizione di Green Future is Now, l’evento organizzato dalla milanese Commer Carta per confrontarsi sulle sfide e le opportunità del packaging.

Dalle risposte risulta evidente che le difficoltà generatesi con la pandemia, e poi nel tempo sommatesi tra loro, stanno influendo negativamente sul business del beauty. E purtroppo lo scoppio della guerra in Ucraina, avvenuto il 24 febbraio, esattamente la settimana successiva alla chiusura del sondaggio, sarà un probabile ulteriore elemento d’ostacolo.

Prima di tutto abbiamo chiesto ai produttori quanto stanno pesando i rincari delle materie prime sul fatturato. Il 100% delle aziende conferma un impatto. In particolare il 33% ha risposto ‘molto’ o ‘abbastanza’, seguito da un 28% di ‘moltissimo’ e solo un 6% di ‘poco’. Nessuno ha risposto ‘per nulla’. Risposta unanime anche alla domanda “Quanto stanno influendo sulla produzione le difficoltà di logistica e di reperimento materie prime?”. ‘Molto’ è stata l’opzione selezionata dal 42% delle imprese rispondenti; seguita dal 27% di ‘moltissimo’ e ‘abbastanza’. Un 4% ha dichiarato ‘poco’, nessuno ‘per nulla’.

Entrando nel dettaglio, si è cercato di individuare la materia prima che ha registrato il maggior rincaro. Il 23% ha segnalato i nomi di composti organici naturali o sintetici, mentre al secondo posto si sono classificati carta e cartone (17%). Oli naturali, essenze e profumi sono stati indicati dall’11%, ma per il 9% preoccupano anche i rincari di plastica; ingredienti naturali e/o organici; emulsionanti, tensioattivi e saponi. Tra i materiali di confezionamento più difficili da reperire, il 54% ha eletto carta e cartone, seguiti a distanza da plastica (24%) e alluminio (9%). Rimane uguale la classifica dei materiali per il packaging in quanto a incremento dei costi: carta e cartone per il 44% degli intervistati; plastica per il 32%; alluminio per il 13%.

Le aziende stanno però cercando soluzioni per ovviare a tutte queste problematiche. In primo luogo, risulta una vera necessità l’aggiornamento dei listini, segnalato dal 46% dei rispondenti. Il 10% ha modificato operatori logistici o modalità di trasporto; l’8% sta accorciando la filiera o variando le formulazioni; il 6% ha ridotto i volumi di produzione oppure ha cambiato fornitori.

Anche l’aspetto utilities preoccupa il sistema produttivo del beauty italiano. Alla domanda “Quanto stanno impattando sul vostro business i rincari di gas ed energia?”, il 46% ha risposto abbastanza, il 27% molto, il 15% moltissimo, il 10% poco e il 2% per nulla.

Guardando al 2022, il 55% delle aziende ha risposto di essere molto preoccupato che queste problematiche influenzino negativamente le performance. Seguito da un 22% di ‘abbastanza’ e da un 18% di ‘moltissimo’. Gli ‘ottimisti’ si limitano al 4% che hanno risposto ‘poco’ e al 2% che ha risposto ‘per nulla’.

Ci siamo poi concentrati su un concetto centrale in questo momento, chiedendo alle aziende cosa significa per loro ‘sostenibilità’. Un tema che viene associato soprattutto al prodotto – che deve essere green e avere un packaging green – e in seconda battuta alla produzione, che deve avere un basso impatto ambientale. In riferimento a questa risposta, si sono indagate le modalità con cui le imprese stanno riducendo la loro impronta. Al primo posto (62%) è stata indicata l’alternativa ‘riduzione degli sprechi’, seguita da ‘una più attenta selezione delle materie prime’ (56%) e da ‘adozione di standard e certificazioni’ (50%). Interessante, infine, notare come le aziende stiano compiendo tutti questi sforzi nonostante, dal loro punto di vista, i consumatori non siano realmente disposti a pagare di più per un prodotto sostenibile. Secondo il 65% dei rispondenti, infatti, gli acquirenti potrebbero dare solo fino al 20% in più; mentre per il 29% non sarebbero per nulla disposti a spendere di più. Decisamente più timide le aziende che ritengono il consumer pronto a mettere mano al portafogli: per il 4% spendendo fino al 50% in più e solo per il 2% oltre il 50% in più.

Eppure, le ricerche e i dati di mercato evidenziano continuamente l’attenzione dei consumatori verso un approccio più sostenibile da parte delle aziende. Un must che non può più essere ignorato, né dai produttori, né dalla distribuzione. Così come entrambi dovranno correre ai ripari per affrontare la difficile congiuntura in corso. Perché se è vero che gli aumenti non sono mai ben accolti dai consumatori, è anche vero che le aziende non possono continuare ad assorbire da sole i rincari. Il rischio è che non riescano più a stare in piedi. E se saltano i fornitori, gli scaffali chi li riempie?!

 

N.B.: i dati completi saranno pubblicati sul prossimo numero di b2B beautyToBusiness