Martano (Le) – Si parla di integratori e preparati alimentari. In particolare, la Commissione europea ha vietato, dall’8 aprile, la vendita di questi prodotti se contenenti derivati dell’idrossiantracene (presente nella parte esterna della foglia di aloe). La decisione, in base al principio di precauzione, arriva dopo che l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha segnalato che queste sostanze “dovrebbero essere considerate genotossiche e cancerogene”.

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, la lettera di Domenico Scordari, presidente di N&B Natural is Better. Che contesta la circolazione di informazioni incomplete, dannose per il consumatore e per il settore. Ma anche le stesse modalità con cui l’Autorità europea si sia espressa sull’argomento. “E’ preoccupante la ‘leggerezza’ con cui si arriva a dichiarare la pericolosità dell’aloe vera pur in mancanza di prove scientifiche certe. Sì perché fino a prova contraria è l’autorità che deve fornire prove certe sulla probabile tossicità prima di legiferare… e non le aziende a doversi difendere da tutte queste calunnie”.

All’interno della missiva vengono spiegati i punti deboli dei documenti emessi dall’Efsa. Tra questi il fatto che nel Regolamento stesso siano ammesse criticità importanti: compare la frase “permangono incertezze” sugli effetti nocivi; mancano del tutto i riferimenti sui quantitativi; non si considera che esistono oltre 300 varietà di aloe vera né che le aziende, ormai da decenni, utilizzano un processo estrattivo che elimina completamente i derivati dell’idrossiantracene.

“Molto probabilmente stiamo assistendo a una vera e propria guerra commerciale tra l’industria del farmaco e quella dell’integratore”, contesta Scordari, “ma non riteniamo possibile, oltre che accettabile, che un’istituzione suprema come la Commissione europea esprima un parere senza avere certezze scientifiche, creando inutili allarmismi, lasciando spazio a errate interpretazioni e a un’errata comunicazione da parte dei media, creando di conseguenza danni incalcolabili all’immagine e all’economia delle aziende coinvolte”.

Nel frattempo, anche la Federazione europea delle associazioni dei produttori di prodotti sanitari (Ehpm), contestando la fondatezza scientifica delle ricerche, ha lanciato una petizione. Accompagnata da una campagna social con hashtag #WeFightForNaturalHealth, per mantenere l’uso dell’aloe negli integratori alimentari.