A partire dall’8 di dicembre, il Governo ha avviato il Piano Cashless, che letteralmente significa ‘senza denaro contante’. Si tratta di una serie di misure volte a ridurre, se non eliminare completamente, l’uso del denaro contante e quindi spingere le persone verso un futuro senza cash. Tutto questo – a detta del Governo – serve soprattutto a combattere l’evasione fiscale. Ma servirà veramente? No.
È una cosa buona per le persone? No. Analizziamo quindi il Piano Cashless. Al primo tassello c’è il Cashback. Come funziona? Si scarica l’app ‘Io’ dai soliti store online (è gratuita), si inseriscono uno o più numeri di carta di credito, un conto corrente bancario e basta. Ogni volta che pagheremo con una di quelle carte ci verrà accreditato sul conto corrente un 10% dell’importo totale che abbiamo speso. Così dicono. Ma non è vero. Quello che ci viene restituito non è proprio il 10%. Ad esempio, immaginiamo di acquistare un televisore da mille euro. Se ci restituiscono il 10%, questo vuol dire che otterremo indietro (‘cash back’) 100 euro. E invece non è così. Perché per ogni acquisto c’è un ritorno massimo di 15 euro, non importa quanto abbiamo speso. Fregatura numero uno.
Fregatura numero due. C’è un minimo di acquisti che è necessario fare perché ci diano i soldi indietro. Per Natale il Governo ci ha fatto un regalo, l’Extra Cashback, dove gli acquisti sono minimo 10. Ma poi, a partire da gennaio, sarà necessario fare almeno 50 acquisti nell’arco di sei mesi. Non solo. Allo scadere di questo periodo, il conteggio ricomincia da capo. Ad ogni modo, il rimborso non può mai superare i 150 euro ogni sei mesi, ovvero 300 euro l’anno.
Fin qui l’ideona. Ma servirà veramente a sconfiggere l’evasione? La risposta è no. E lo spiego con un semplice esempio. L’imbianchino viene a casa vostra e vi fa un lavoro da 500 euro Iva esclusa. Ma vi dice: “Se me la paghi in nero, guadagni l’Iva, ovvero 110 euro. Se invece vuoi il cashback io ti faccio la fattura ma ne guadagni 15”. Quale sarà la risposta logica di un comune mortale?
A tutto questo occorre aggiungere che, a questo punto, tutti dovranno aprire un conto corrente, versarci i propri soldi e farsi dare una carta di credito o bancomat. E qui casca l’asino. Ovvero si capisce chi ci guadagna in questa vicenda: le banche. Che vedranno così aumentare la raccolta di liquidità e diminuire i costi di gestione del contante. Non solo. Lucreranno anche con i costi di gestione del Pos e delle commissioni pagate da commercianti, ristoratori e bar. Di più. Ci guadagna anche lo Stato che, con l’Iva, cerca di svuotare i soldi dei conti correnti degli italiani per metterseli nella sua esangue cassa.
Chi ci perde? La povera gente. Ma pensate veramente che le persone che fanno la fila al Banco Alimentare o ai punti di smercio della Caritas potranno permettersi una carta di credito? Quanti sono i nuovi poveri in Italia? Cinque milioni, tutti pronti a fare il cashback?
Lo scopo vero, quindi, non è quello di combattere l’evasione. Ma di drenare il più possibile la ricchezza dalle tasche delle persone e farla finire nelle casse delle banche e dello Stato. Perché il nuovo motto sarà: spendere, spendere, spendere. Così come è avvenuto appena si sono riaperti i negozi. In pratica, una patrimoniale nascosta.
Che farà aumentare i prezzi. Perché i commercianti, ristoratori e baristi, massacrati dai vari Dpcm, dovranno per forza recuperare i soldi delle commissioni e del Pos con il ritocco dei listini. Ancora più a scapito della povera gente.
Ma questo non era il Governo giallorosso, dalla parte degli ultimi? (1. Continua)