Un grado di patrimonializzazione sempre più forte. Liquidità in aumento. Forte propensione agli investimenti. Filiere corte. Sono questi i principali elementi che hanno consentito alle imprese italiane della cosmetica di affrontare l’emergenza sanitaria. Che ha indubbiamente messo alla prova il settore, ma al tempo stesso ha fatto emergere con maggiore evidenza le capacità di reazione e di visione a lungo termine delle aziende beauty.

Il quadro è emerso durante la presentazione online della 39esima ‘Indagine congiunturale’ di Cosmetica Italia, tenutasi martedì 29 settembre con i contributi di Renato Ancorotti e Gian Andrea Positano, rispettivamente presidente e responsabile centro studi dell’Associazione nazionale di categoria, oltre all’intervento di Giovanni Foresti della direzione studi e ricerche di Intesa San Paolo.

Proprio quest’ultimo ha analizzato gli scenari pre e post Covid del settore: “Le imprese cosmetiche hanno le spalle larghe. Nel 2019 si è ulteriormente rafforzato il grado di patrimonializzazione, così come è aumentata la disponibilità di liquidità. Elementi che hanno permesso alle aziende di affrontare la crisi in ‘buone condizioni’”.

Nel suo intervento, Foresti ha anche individuato quattro opportunità per il futuro della cosmetica italiana. Una maggiore attenzione a salute e sicurezza, con il 78% di Millenials e Gen Z che sceglie cosmetici italiani per qualità e fiducia (era il 61% nel 2019). Digitalizzazione e automazione per aumentare la sicurezza e limitare i rischi sanitari (smart working per il 64,8% delle imprese; e-commerce scelto dall’81% dei consumatori al mondo per acquistare cosmetici, contro il 77% del 2019). La spinta alla transizione green (con il 50% di Millenials e Gen Z disposti a pagare di più per prodotti naturali o eco-friendly). La regionalizzazione delle catene, con il 25,4% delle imprese che ha individuato nuovi fornitori di prossimità: per garanzia delle forniture, possibilità di fare innovazione in modo più sostenibile e come fattore di competitività sui mercati esteri. L’Italia infatti, fra il 2008 e il 2018 ha guadagnato una posizione nel ranking dei primi esportatori mondiali, raggiungendo il quarto posto che prima era del Regno Unito. Ma soprattutto, è stata l’unico Paese tra i primi quattro a registrare un saldo positivo in questa variazione di posizionamento. Altra sfida sottoposta dall’analista è quella di aumentare le quote di mercato nei paesi più lontani (Usa, Cina ed Emirati Arabi Uniti), per cui si stima un maggiore potenziale di crescita.

Una sfida dura alla luce della situazione attuale, con le proiezioni del Centro studi che assegnano al saldo export 2020 un -15%. Una performance peggiore rispetto a quella del mercato interno, che dovrebbe attestarsi intorno a -9,3%. Nel complesso, il fatturato del settore cosmetico italiano dovrebbe segnare un -11,6% a fine 2020, con 10,5 miliardi di euro (12 miliardi nel 2019). Una flessione che può sembrare pesante, ma che in realtà è meno drammatica rispetto a quanto si ipotizzava mesi fa, in pieno lockdown: “Segnale di una decisiva capacità di reazione del nostro settore che, in un contesto di crisi, dà prova di solidità, capacità imprenditoriale e resilienza”, sentenzia Renato Ancorotti. Non a caso la percentuale sul fatturato destinata agli investimenti in R&D (5,8%) resta superiore al doppio della media nazionale. La pandemia ha quindi colpito il settore, ma non l’ha piegato, tanto che il 60,3% degli imprenditori prevede un ritorno alla normalità già a inizio 2021.

Per finire, Cosmetica Italia segnala come l’emergenza sanitaria abbia ridefinito le priorità, accelerato trend che erano solo emergenti e cambiato le abitudini di consumo e di acquisto, con l’e-commerce quale unico canale in positivo (crescita stimata del +35% a fine 2020) e la farmacia che diventa secondo canale di riferimento dopo il mass market, superando la profumeria, pesantemente penalizzata dal lockdown (stima -24%) insieme all’erboristeria (-25%).