“Stiamo vivendo una crisi sanitaria e una crisi da Pil, ma al momento abbiamo scongiurato una terza – e ben più grave – crisi, quella finanziaria”. Comincia così l’intervista con Carlo Cottarelli. Lo incontriamo in occasione di un meeting organizzato dalla fondazione Costruiamo il Futuro, creata dall’onorevole Maurizio Lupi. Il noto economista, ex commissario alla Spending review nei governi Letta e Renzi, traccia un quadro puntuale della situazione attuale da un punto di osservazione privilegiato. E non è un caso che la sua esperienza l’abbia portato a essere chiamato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio pochi giorni prima dell’insediamento del Governo Conte I. “Siamo in una situazione di grande incertezza”, prosegue Cottarelli. “Non sappiamo se ci sarà una seconda ondata della pandemia, né quanto sarà forte la crisi negli altri paesi. Non sappiamo quando verrà trovato un vaccino”.

In tutto questo che cosa può fare lo Stato?

Se sulla produzione e in generale sull’offerta c’è poco da fare, per la mancanza di domanda lo Stato può sostenere il reddito di chi lo ha perso, attuando quelle che io chiamo ‘misure difensive’, come sussidi di disoccupazione, cassa integrazione, sostegni ai prestiti fatti dalle banche alle imprese. Oltre a questo, esistono delle ‘misure espansive’: lo Stato ti dà una mano a rialzarti. Nel momento in cui le imprese tendono a spendere un po’ di meno, si cerca di portarle a spendere un po’ di più. In questo momento, però, il grosso delle misure introdotte in Italia è di carattere difensivo. Attenuano la botta, ma non danno una vera e propria spinta.

E allora che cosa possiamo fare?

Dobbiamo lanciare riforme che ci consentano di crescere. E in questo programma di riforme, l’aspetto fondamentale è avere poche priorità e puntare all’essenziale. Io, ad esempio, adesso punterei su quattro elementi.

Quali?

Il primo: il modo migliore per risollevare la domanda sono gli investimenti pubblici. Certo, tagliare le tasse è importante, ho sempre sostenuto che le aliquote in Italia siano troppo alte. Ma, in questo momento, ridurre le imposte rischia di portare gli italiani ad avere più soldi in tasca, ma a non spenderli. Il vantaggio dell’investimento pubblico, invece, è quello di creare domanda in modo diretto. E quando c’è la domanda, riparte l’indotto e con esso anche l’economia. Seconda cosa, bisogna semplificare questo paese, ucciso dalla burocrazia. Bisogna introdurre criteri manageriali per rendere più efficiente la pubblica amministrazione, compresa la gestione del personale. Il Decreto Semplificazioni va nella direzione giusta, ma è solo il primo passo di una strada molto lunga.

E poi?

Terzo essenziale elemento è rendere la giustizia più veloce. L’incertezza del diritto è una delle maggiori cause di mancanza di investimenti esteri in Italia. Nella giustizia civile, i processi durano in media otto anni in Italia, mentre in Germania si risolvono in soli due anni. La situazione è simile nell’ambito della giustizia penale e di quella amministrativa.

E il quarto elemento?

Il quarto e ultimo aspetto, ma non meno importante, riguarda la pubblica istruzione: investire sulle persone. Oggi siamo al penultimo posto in Europa per spesa universitaria pro capite. Lo stesso discorso vale per gli asili nido, il che spiega anche le difficoltà nell’aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Per la crescita ci sono tante cose da fare, ma queste quattro sono quelle a cui darei la priorità. È inutile chiedersi se ce la faremo oppure no. Bisogna solo tirarsi su le maniche.

Esiste la possibilità concreta che il Governo vari a breve una tassa patrimoniale?

No, non credo. I tassi di interesse attualmente sono molto bassi. Ma anche se fossimo nel bel mezzo di una crisi finanziaria, non credo che una patrimoniale potrebbe risolvere la situazione. Tuttavia temo che se si presentasse la necessità di chiedere un prestito al Mes, in quel caso potrebbe essere l’Europa a chiederci una misura di questo tipo, oppure una ristrutturazione del debito pubblico. Questa condizione però richiederebbe una crisi finanziaria profonda, che a oggi non c’è…