La controversia è lontano dall’essere risolta. Di cosa stiamo parlando? Della difficile interpretazione dell’Art. 124 contenuto nel Decreto legge n. 34, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana (leggi qui). Ancora non è chiaro se all’interno della categoria ‘detergenti disinfettanti per mani’ rientrino o meno i saponi solidi e liquidi tradizionali. Nonostante l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, con la circolare n. 12 del 30 maggio, abbia tentato di fare chiarezza sulle tipologie di prodotto comprese nel provvedimento, in realtà ha solo generato maggiore confusione.

L’Adm ha infatti elencato tra i ‘detergenti disinfettanti per mani’ anche i codici Taric 3401, che includono “Saponi; prodotti e preparazioni organici tensioattivi da usare come sapone, in barre, pani, pezzi o forme ottenute a stampo”. Ma diverse aziende ritengono che i prodotti disinfettanti, per essere definiti tali, devono rientrare nella categoria dei Presidi medici chirurgici. Tanto è vero che, in piena emergenza sanitaria per la pandemia di Coronavirus, il 6 aprile, il ministero della Salute comunicava: “Tutti i prodotti che vantano un’azione disinfettante, battericida, virucida o una qualsiasi azione adatta a combattere microrganismi devono essere preventivamente autorizzati dal MinSal”.

Sul mercato ci sono ora due ‘fronti opposti’. Le aziende che, probabilmente grazie alle dimensioni e alle possibilità economiche che consentirebbero di pagare un’eventuale penale, stanno vendendo i propri saponi con prezzi esenti Iva, e quelle che invece vorrebbero anche potersi liberare del tributo, ma temono di incorrere in una denuncia per evasione fiscale. Il risultato è evidente. Sugli scaffali i 22 punti percentuali fanno molta differenza. E prezzi più competitivi, su prodotti che di questi tempi vanno a ruba, possono incrementare gli incassi. Secondo dati Nielsen, dal 2 all’8 marzo le vendite nella Gdo italiana di sapone per le mani, liquido e solido, hanno registrato un trend del +64,3%; +73,8% dal 16 al 22 marzo. Alcune insegne e rivenditori, una volta ricevuto da alcuni fornitori la comunicazione dell’esenzione Iva, hanno iniziato non solo a chiederla agli altri fornitori, ma anche ad applicarla sui propri prodotti a Marchio del distributore.

Ci sono poi i dietrofront. Una nota catena discount, questa settimana, ha inviato ai fornitori di saponi un avviso a rettifica di quanto precedentemente comunicato: “A seguito di ulteriori e approfondite verifiche effettuate dai nostri consulenti fiscali, l’Iva sui saponi liquidi/solidi deve essere versata”. La richiesta è quindi di mantenere invariata la fatturazione con aliquota del 22%. Insomma, la confusione resta tanta. Come se le aziende, in un periodo già difficile e complicato da gestire per l’incremento dei volumi richiesti, avessero tempo per disbrigare il bandolo di una matassa che solo le Istituzioni possono sciogliere.

L’azienda che ci ha interpellato ha chiesto a suo tempo chiarimenti all’Adm, Cosmetica Italia si è rivolta all’Agenzia delle entrate. Da entrambe ancora nessuna risposta. Chiediamo anche noi quale sia la giusta interpretazione al ministero della Salute, all’Agenzia delle entrate, al ministero dell’Economia e all’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Non ci resta che piangere (o, in questo caso, aspettare).